sabato 19 marzo 2016

TORNEO DELLE REGIONI 2016 - INTERVISTA AL TECNICO DELLA JUNIORES

SALVATORE CORSALETTI:
"ANNAMO A VINCE!"



Sono passati più di due lustri da quando la Selezione del Lazio ha conquistato il gradino più alto nella massima competizione nazionale di categoria, il Torneo delle Regioni che, in questa edizione sarà ospitato il Valle d’Aosta nella Settimana di Pasqua.
Le speranze di riportare la Coppa a Via Tiburtina sono affidate al tecnico che, sulla panchina della Rappresentativa Regionale, nella categoria Allievi, ha già alzato al cielo il trofeo e che, in questa edizione, tenterà di ripetere l’esperienza nella categoria Juniores.

Mister, come stanno i ragazzi?
“Carichi e determinati. Mercoledì ho sintetizzato lo spirito di questa trasferta con il più romano degli “Annamo a vince!”. Dopo undici anni, sono certo che daremo tutti il massimo per fare la migliore figura possibile. Questa squadra rappresenta la sintesi di un lavoro di mesi da parte mia e del mio staff. Oltre ai raduni, ho visionato uno per uno i ragazzi durante le gare di campionato, valutandone a fondo gli aspetti tecnici, tattici e, soprattutto caratteriali. Nei raduni abbiamo approfondito e messo in pratica le soluzioni tattiche essenziali per creare la necessaria amalgama. Non abbiamo fisicamente il tempo a disposizione che ha una squadra di club, quindi dobbiamo puntare su poche soluzioni, chiare e semplici da applicare. Abbiamo inoltre scelto di adottare la filosofia della massima rappresentatività del gruppo, cercando di coinvolgere non più di due giocatori per società, a differenza di altre selezioni che puntano sul blocco di un unico club. Tutti questi sono elementi che, a mio giudizio, possono dare quel valore aggiunto di cui abbiamo bisogno per puntare al bersaglio grosso. Speriamo bene.”

Tornano in squadra gli stranieri?
“Il mio pensiero è che il Selezionatore deve costruire la squadra prendendo in considerazione che il suo dovere è quello di chiamare i migliori giocatori che nel 2016 hanno giocato nel Lazio, indipendentemente dal loro passaporto. Negli Allievi portai almeno due giocatori di provenienti dall’Europa dell’Est e quest’anno la scelta è caduta su due ragazzi di origine brasiliana, due ’98. Per il Lazio è una novità, mentre le altre Rappresentative regionali ne hanno fatto largo uso già da tempo.”

E’ difficile essere il CT del Lazio?
“Come ho già detto ai ragazzi, noi siamo quelli che hanno inventato il Calcio a Cinque e, per tutti, siamo la squadra da battere. In più, c’è da dire che, mentre nelle edizioni degli anni passati le regioni favorite si contavano sulle dita di una mano, oggi il livello si è mediamente alzato e non esistono più squadre materasso. Ogni gara sarà una battaglia da combattere con determinazione, concentrazione ma, soprattutto, grande correttezza in campo e fuori.”

La correttezza, o per dirla in termini calcistici il fair play è alla base delle scelte di Mister Corsaletti?
“Un Selezionatore basa le sue scelte su due parametri fondamentali: l’aspetto tecnico e quello caratteriale. Il TDR è una eccezionale vetrina per giocatori che, alla loro età, possono definirsi ormai completi sotto molti aspetti. In più si deve sentire l’onore di indossare una maglia importante che rappresenta una intera regione. Per questo in campo si deve dare tutto, ma se si trovano avversari più bravi, gli si stringe la mano e gli si fanno i complimenti. Questo è lo sport, secondo il mio credo.”

Dove può puntare questa squadra?

“Tutte le mie squadre partono per vincere. Accontentarsi non è certo nel mio dna. Certamente questa è una categoria difficile, anzi, è la più difficile. Ho scelto per questo ragazzi che ogni settimana scendono in campo in categorie importanti, come in C1 e in C2. Giocatori abituati a vincere e sui quali posso fare affidamento anche a livello caratteriale. Il TDR è una manifestazione anomala, con gare ogni giorno e dove la testa conta più del fisico. Una ammonizione di troppo rischia di compromettere il lavoro di tutti. Sono sicuro di aver effettuato la sintesi migliore e di avere con me non solo i giocatori, ma il miglior gruppo che il Lazio potesse offrire in questo momento. Ci auguriamo quindi che tutti i tasselli vadano al posto giusto e di tornare a Roma coscienti di non aver lasciato nulla di intentato per far felici tutti gli appassionati di Futsal della nostra regione.”

Marco Giustinelli
Comunicazione Calcio a 5 CR Lazio

SONO STATO ARBITRO ANCHE IO ....

IL COMITATO REGIONALE LAZIO
SPOSTA L'INIZIO DELLE GARE DI 10'
PER LANCIARE UN SEGNALE CONTRO LA VIOLENZA NEI CONFRONTI DEGLI ARBITRI


Sono giovani, coraggiosi, ragazzi della stessa età di quelli ai quali chiedono di rispettare quelle regole senza le quali non esisterebbe nessun tipo di sport.
Scendono in campo anche loro con le loro paure, le loro ansie da prestazione, i loro dubbi.
Ma anche con la loro passione, la voglia di fare bene, di tornare a casa con la soddisfazione di aver disputato una buona partita e cercare di fare ancora meglio la volta prossima.
Sono atleti, sono sportivi che meritano lo stesso rispetto degli altri che, insieme a loro calcano il prato verde o il parquet dei palazzetti.
Eppure, sempre più spesso non è così.
Gli atti di violenza di cui sono stati fatti oggetto due giovani giacchette nere nell'ultima settimana, dimostrano che il rispetto, fattore essenziale in ogni tipo di sport, rimane spesso un concetto teorico e non una linea guida alla base di ogni relazione umana.
Gli arbitri sbagliano, così come sbagliano gli allenatori a mettere una squadra in campo o i giocatori a fallire il più facile dei gol a porta vuota.
Sbagliano perchè ci sono. Senza di loro non ci sarebbe sport, non ci sarebbero partite da giocare.
Viene da sorridere quando, in categorie di base, si criticano gli arbitri per scarsa professionalità.
Qualcuno dovrebbe ricordare che "nessuno nasce imparato" e che l'arbitro, come qualunque altro atleta, deve giocare per imparare, deve arbitrare e sbagliare, e ancora arbitrare e ancora sbagliare per diventare partita dopo partita un arbitro migliore e sbagliare sempre, ma magari un po' meno.
Ma questo accade anche per gli ingegneri, per i medici, per i meccanici, per gli insegnanti e perfino per le madri di famiglia che per preparare le tagliatelle della domenica, devono cucinarle per centinaia di volte per arrivare a farle buone come quelle della nonna.
Sono considerazioni ovvie, banali, scontate.
Ma allora perchè a un ragazzo che decide di fare l'arbitro, viene negato il diritto di vivere lo sport come divertimento, di condividere con serenità sudore e stanchezza con gli altri ragazzi che corrono accanto a lui?
E' inaccettabile che adulti frustrati o ragazzini viziati possano permettersi di insultare, irridere o addirittura colpire un ragazzo che ha l'unica colpa di garantire ad altri la possibilità di fare sport in modo organizzato e ufficiale.
Certo, esistono arbitri arroganti e presuntuosi, arbitri che nascondono dietro un fischietto o un cartellino le loro frustrazioni e le loro inadeguatezze. Arbitri che debbono migliorarsi come uomini e come Direttori di gara.
Ma proprio per questo serve rispetto. Quel rispetto che ogni bravo allenatore dovrebbe insegnare o, meglio, trasmettere ai suoi giocatori, che ogni Società che decide di fare dello sport un modo di stare insieme e di vivere meglio, dovrebbe inculcare ai suoi dirigenti, che ogni persona dovrebbe condividere in famiglia, sul posto di lavoro, per strada o in Chiesa.
Se un arbitro arbitra male, va criticato e se non è adatto a dirigere una gara, gli va fatto capire che forse è meglio lasciare perdere e dedicarsi ad altro. Ma questo vale anche per i Presidenti, gli allenatori, i preparatori atletici, i magazzinieri, i giocatori e ancor più per i geometri, gli infermieri, gli sciatori, i poliziotti, i tappezzieri e per chiunque fa una attività umana che impatta con il prossimo.
Non si tratta di costruire arbitri migliori.
Si tratta di costruire un mondo migliore, dove lo sport non sia uno strumento per sfogare le proprie frustrazioni o le immancabili insoddisfazioni della vita.
E dallo sport la violenza deve rimanere fuori. La violenza è vigliaccheria non coraggio. La violenza è prevaricazione e non desiderio di giustizia. La violenza umilia chi la perpetua e chi la subisce. La violenza distrugge sempre, non costruisce mai.
E, allora, solidarietà e simpatia a chi sceglie di cimentarsi nel duro ruolo dell'arbitro e lotta senza quartiere a chi vuole rovinare con comportamenti violenti questo sport che tutti noi amiamo e a cui desideriamo assistere e partecipare.

Marco Giustinelli