Come si fa a ridurre lo sport più bello del mondo a una battaglia con tanto di scontri, di bombe, petardi, manganelli e fumogeni? Quello che è successo oggi a Formello ( quartier generale della Lazio ) è purtroppo lo specchio di un calcio malato che riflette una società dove lo sport rappresenta ormai una ragione di vita e di morte per tanti ragazzi senza riferimenti e senza altri valori a cui attaccarsi. Da tifoso della Lazio da sempre, anche io sto soffrendo per la situazione della mia squadra del cuore. Anche io sopporto ( quasi sempre col sorriso sulle labbra ) gli sfottò e le prese in giro dei miei colleghi di lavoro giallorossi. Anche io mi arrabbio quando vedo in campo una squadra allo sbando, senza un gioco, senza un allenatore che sappia organizzare decentemente quella che ormai è una armata brancaleone da operetta. Io che, domenica scorsa ho preferito andare a vedere Avatar con la mia bambina di dieci anni, piuttosto che occupare la mia poltroncina di Monte Mario per soffrire e vedere la disfatta ( ennesima stagionale ) dei miei colori biancocelesti.
Ma da qui a fare la guerra, ce ne passa! La guerra si può fare - come ultima ratio - per difendere la propria patria, per proteggere i propri cari, per rovesciare un regime sanguinario e illibertario, ma per una squadra di pallone è ridicolo persino incazzarsi seriamente!
Purtroppo questa è una spia del profondo malore che attanaglia i nostri ragazzi che, sempre più frequentemente, si fanno strumentalizzare da idee e persone che fanno della violenza gratuita il proprio cavallo di battaglia. Che pena ...
E allora è sempre più imperante darsi da fare per creare una nuova cultura dello sport che contrasti quella dominante. Lo sport deve tornare ad essere allegria, voglia di vivere, di combattere per ottenere un risultato, di sacrificarsi. Deve essere l'accettazione della sconfitta e l'esaltazione della vittoria. Deve essere rispetto per il proprio corpo, con una educazione alla corretta alimentazione, con il rifiuto del doping, con la consapevolezza dei danni del fumo e dell'alcool. Deve essere altruismo, soprattutto nel calcio, dove in tanti si gioca e in tanti si vince e si perde.
Il calcio per salvarsi deve tornare alle origini, deve tornare nelle strade, negli oratori, nelle piazze. Deve trasmettere voglia di stare insieme. Attraverso il calcio - vissuto nel modo giusto - si può creare una autentica cultura dell'integrazione e della civile convivenza. Intorno al calcio si possono creare amicizie o addirittura amori. Con il calcio si può fare cultura, si possono creare opere d'arte, commedie teatrali, si può fare fotografia e televisione. Il calcio deve riuscire a saper unire.
Lavorare per un calcio migliore significa vivere per un mondo migliore.
E si può fare.
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