
Fare cultura. Un imperativo per una generazione che non si vuole perdere tra i flutti del velinismo o del superenalottismo a tutti i costi. In un momento di estrema confusione sociale, dove la finanza ha preso il posto dell’economia e non è più chiara neanche la differenza semantica tra i verbi “essere” e “avere”, è necessario, anzi, indispensabile, che tutti, ma soprattutto i giovani, riprendano in mano quello straordinario strumento che è la conoscenza.
La conoscenza è l’unico elemento che ci permette di tutelare e far crescere quel bene fondante che è la Libertà.
Oggi la conoscenza viene relegata in secondo piano e la cultura, che è l’insieme del bagaglio delle conoscenze, ne soffre in modo determinante. Il livello di quelle che debbono essere le fonti della conoscenza è sempre più basso, con il rischio di ritrovarci in un medioevo culturale dove la globalizzazione non è altro che il livellamento in basso dei saperi, dei prodotti, del pensiero.
Nel nome della globalizzazione si cerca di far passare un concetto di Libertà che non è altro che una estremizzazione del relativismo etico e culturale. Non è libertà togliere il presepe dalle scuole durante il Natale per una forma di rispetto dell’identità religiosa di qualcuno. Libertà è scelta, è opportunità. Togliere un simbolo religioso non arricchisce nessuno e impoverisce tutti.
Il rispetto è un'altra cosa. Il rispetto è disponibilità all’ascolto dell’altro, è dialettica, è considerare l’idea dell’altro come degna di essere dibattuta, analizzata e, infine, anche combattuta con decisione e fermezza. Togliere, eliminare, selezionare, sono verbi che non appartengono alla visione della vita come luogo della Libertà.
Il pensiero dominante è basato sulla assolutizzazione del ruolo del denaro e della finanza. E per far passare questo concetto alla maggioranza degli individui, sono necessari due elementi fondamentali: la mistificazione e le menzogna sistematica.
Perché si spaccia regolarmente una cosa per un'altra. Ad esempio, si cerca di far passare alla gente comune il concetto che i prodotti cinesi costano “poco” perché la manodopera in quei paesi è più a buon mercato.
Non c’è menzogna più grande e più palese di questa!
Nella produzione di una autovettura o di un televisore o di un computer, l’incidenza dell’intervento umano non è superiore al 6/10%. Quindi, in linea puramente teorica, un televisore fabbricato a Pechino, anziché a Milano dovrebbe costare al massimo il 10% in meno. Se a questo risparmio, togliamo le spese di trasporto, il margine si assottiglia ancora di più e, quindi, in linea puramente teorica un prodotto che viene dall’oriente dovrebbe costare più o meno come quello fabbricato dalle parti nostre. E allora, dove sta il trucco?
Purtroppo è semplice individuarlo: il trucco sta in due paroline semplici semplici. Sicurezza e Qualità.
Se io produco in uno stato dove posso prendere un bambino di cinque anni, chiuderlo in un buco di due metri quadrati per dodici ore al giorno, facendogli respirare veleni senza protezione alcuna e scaricando nell’ambiente gas tossici senza controllo e immettendo sul mercato prodotti che ti fanno venire l’orticaria o il cancro, sto forse risparmiando?
Nei fatti sto diluendo il costo e sto facendolo pagare a qualcun altro in un altro momento.
L’avvelenamento dell’ambiente non riguarda solo il luogo geografico dove avviene. Ricordiamo Chernobyl, dove un incidente nucleare a migliaia di chilometri, ha decretato il cancro alla tiroide a bambini che, ignari, bevevano il latte delle mucche della Valtellina o a casalinghe che mangiavano l’insalata della pianura pontina.
Questo ha comportato miliardi di euro di spese in sanità , controlli, cure mediche, prevenzione. E non abbiamo preso in considerazione l’aspetto umano: lutti, preoccupazioni, dolore, sofferenze indicibili che potevano essere evitate o, quantomeno, attenuate.
Eppure la Bielorussia o l’Ucraina sembravano così lontano e così innocue.
Per la Cina o l’India il discorso è esattamente lo stesso. Il costo dell’inquinamento irreversibile del Fiume Giallo o l’aria irrespirabile delle metropoli ( ricordate i problemi per le Olimpiadi di Pechino, dove fu necessario chiudere per settimane le fabbriche, per garantire agli atleti un aria quantomeno respirabile ) è un conto che verrà presentato, prima o poi, a tutto il resto dell’umanità. Quello che oggi ci sembra un risparmio, tra non molto ci piomberà tra capo e collo con interessi da usuraio.
Una maglia prodotta in Cina non costa meno. Una parte del prezzo la paghiamo immediatamente in denaro alla cassa, una parte, ben più importante, ce la pagano i poveri disgraziati costretti a lavorare in condizioni disumane, una parte la paghiamo in costi sociali per i posti di lavoro che questa filosofia ci fa perdere a casa nostra e una parte è rappresentata da una cambiale che madre natura ci metterà all’incasso entro qualche decina di anni.
Ma l’egoismo – e l’ignoranza – ci portano a considerare solo la prima parte, quella che, fisicamente, esce dalle nostre tasche.
Ma su questo, non ci fa ragionare nessuno e molti di noinon hanno nenche i mezzi culturali elementari per farlo da soli.
Di questo non si parla, perché un meccanismo così terribilmente perverso è fonte di arricchimento smodato per pochi, di briciole avvelenate per molti e di dolore e povertà per moltissimi.
Ma i moltissimi, autentiche vittime della globalizzazione, non hanno parola, non hanno televisione per diffondere il loro disagio ne’ giornali per esprimere le loro opinioni.
E, ancora di più, non hanno cultura per appropriarsi di quei mezzi e di quegli strumenti indispensabili per costruire un mondo migliore e un domani pieno di speranza per i propri figli.
E la forza di ogni dittatura è il numero di ignoranti e di allineati.
Non a caso il carri armati hanno schiacciato gli studenti a Tienamen. La cultura fa paura, perché nella conoscenza è racchiuso il seme della Libertà e nella Libertà le radici del cambiamento e della liberazione della persona.
Il comunismo ha rappresentato per anni il miraggio di una società migliore, basata sulla equa distribuzione della ricchezza. E il suo fallimento è stato la dimostrazione che dove l’uomo è relegato ad un ruolo succube del sistema, tutto crolla. Il disastro del socialismo reale è la dimostrazione palese che l’economia non può e non deve essere la soluzione.
E non a caso, le prigioni del KGB per decenni hanno ospitato centinaia di intellettuali che, con la forza della conoscenza, rischiavano di mettere in crisi il regime sovietico.
E la lunga teoria di miseria, di povertà e di disperazione che il comunismo ha lasciato nell’ Europa dell’est, nel continente africano e in Asia sono il frutto di una ideologia basata sulla subordinazione dell’individuo e sulla soppressione della libertà individuale. Il “paradiso dei lavoratori” si è trasformato nell’”inferno della persona.
E il capitalismo moderno, basato sulla gestione sfrenata dei flussi finanziari, sulla esaltazione della ricchezza e sullo sfruttamento della persona è l’altra faccia della stessa terribile medaglia.
La crisi economica che ci attanaglia in questi mesi ha radici lontane, oltre l’Oceano Atlantico, lontane come Chernobyl o come il Fiume Giallo o il Muro di Berlino.
Ma per capire queste cose, bisogna conoscere. E la conoscenza ci da la libertà di scegliere il nostro futuro.
E un futuro degno di essere vissuto non può prescindere dal riappropriarsi di valori che questa società ha pensato di aver sepolto e dimenticato.
Dobbiamo riscoprire parole come solidarietà, come condivisione, come comunità, come sacrificio e come amore.
E’ necessario liberarsi dell’esaltazione dell’individualismo propria dei sistemi a capitalismo esasperato e da quella del sistema come panacea di tutti i mali, propugnata dal socialismo reale.
Occorre riscoprire i valori cristiani che hanno rappresentato le radici del nostro pensiero e della nostra cultura. Valori dove le difficoltà del singolo rappresentano un problema della comunità e nella comunità trovano risposte concrete. Risposte fatte di condivisione, di accoglienza, di solidarietà.
Solo se si considera l’altro importante e degno di attenzione e di rispetto possiamo creare una società dove i nostri figli possano guardare fiduciosi verso l’avvenire.
In questa ottica, la Politica diventa servizio e autentica ricerca del bene comune e non interesse privato e gestione egoistica della ricchezza.
La religione riacquista il senso della serenità dello spirito e della aspirazione alla ricerca del bene, dove l’accoglienza e la accettazione di chi sbaglia superano l’emarginazione e dove tutti possano vedere che l’amore non è una utopia filosofica ma uno stato di vita.
E dove Dio non è la somma di precetti e di condanne ma l’esaltazione del perdono e della misericordia.
E tutto ha una sola, indiscutibile verità. La conoscenza è la fonte della libertà.
La cultura ellenistica e cristiana hanno sempre indicato nella Libertà l’origine della dignità umana. Prometeo dona le proprie sofferenze all’umanità, perché possa godere del fuoco, sino ad allora appannaggio degli dei.
Cristo dona la sua vita all’uomo perché possa aprirsi ad un futuro di Libertà, vissuta senza il timore della morte.
Due esempi paradossalmente opposti, ma uniti da un comune denominatore: il bene di tutti nasce dalla donazione di ciascuno.
E non come vogliono farci credere che il bene di ciascuno nasce dall’egoismo e dalla prevaricazione.
Riflettiamo …