
Per la prima volta una formazione europea conquista la Coppa del Mondo in un mondiale disputato fuori dal continente. Solo il Brasile stellare di Pelè, Didì e Vavà era riuscito a fare bottino pieno in Europa nel Mondiale di Svezia, altrimenti la regola era in Europa vince una europea e fuori una sudamericana ( Brasile o Argentina ). E alla vigilia la finale che i bookmakers davano per più accreditata era proprio quella tra i ragazzi di Dunga e quelli di Maradona.
Invece, come pronosticato dal polpo Paul, è stata la Spagna di Iniesta ad alzare al cielo sudafricano il trofeo più prestigioso. Un Mondiale con tante vincitrici: la Spagna, appunto, la Germania dei giovani e degli immigrati di lusso, il Sudafrica che, contro ogni previsione, è riuscita ad organizzare e gestire un mondiale vivace, accogliente, sicuro e … rumoroso, che non ha avuto nulla da invidiare alle edizioni disputate in paesi considerati, a torto o a ragione, più “sviluppati”.
Ma anche con tanti sconfitti: l’Italietta di Marcello Lippi che non poteva onorare peggio (o disonorare meglio ) il titolo conquistato a Berlino nel 2006, la corazzata Argentina, miseramente affondata dai siluri del panzer germanico, il Brasile di Dunga che ha voluto snaturare il suo gioco per vincere e invece è stato eliminato dall’Olanda cattiva e tutta cuore e polmoni del duo Schneider-Robben.
Nella finale ha perso persino il fair play. Abbiamo assistito ad un brutto incontro di lotta libera per almeno i tre quarti dell’incontro che, se non fosse stata la finale della Coppa del Mondo, sarebbe prematuramente finita … per mancanza di interpreti. Raramente abbiamo visto tanto furore agonistico. L’Olanda, eterna seconda ( tre finale disputate e altrettante sconfitte: Germania 74, Argentina 78 e Sudafrica 2010 ) aveva pensato che per battere le furie rosse fosse necessario “abbatterle” fisicamente. Capita l’antifona, la Spagna ha pensato bene di rispondere per le rime, facendo vedere, complessivamente tanti calci e poco calcio e un turbinio di cartellini gialli ( e un rosso ) da guinnes dei primati.
E così, alle vincitrici Uruguay, Brasile, Italia, Francia, Inghilterra, Argentina, Germania, si aggiunge l’ottava sorella. E all’Olanda, visto l’esaurirsi funesto del proverbio “ … non c’è due senza tre”, occorre aspettare altri quattro anni per tentare di rifarsi, anche se nel 2014 in Brasile, la vedo veramente dura.
L’Italia si rifonda, dunque, con Cesarone Prandelli che ha già dichiarato, con il beneplacito di Abete ( che come dice il suo cognome, ha mantenuto le radici ben piantate in Federcalcio, nonostante la figura barbina che abbiamo rimediato ) che utilizzerà a spada tratta “epurati” e oriundi ( come fece “Mondino” Fabbri nel 1962 in Cile ). Intanto la Federcalcio trova la soluzione da tutti i mali nel limitare, a mercato avviato e affari conclusi, il numero di extracomunitari tesserabili ex novo, portandolo da due a uno, con disperazione e travasi di bile da parte di presidenti e tifosi.
E avendo risolto tutti i mali del calcio nostrano con la tessera del tifoso e un solo nuovo extracomunitario per squadra, possiamo puntare con speranza alla “ auspicabile” qualificazione per la prossima edizione del Mundial brasileiro, anche se, guardando bene, sarà ben difficile trovare tra le europee che cercheranno di sbarrarci la strada, formazioni più scarse di Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia.
Qualcuno dovrebbe suggerire ad Abete che nella Spagna Campione del Mondo il “blocco” era quello del Barcellona, ai vertici della Liga e della Champions League, mentre nell’Italietta eliminata in Sudafrica, il “blocco” era quello dell’Udinese, dignitosa formazione di provincia che da sempre lotta per non retrocedere in Serie B.
Meditate, gente, meditate …
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