martedì 9 agosto 2016

Terrorismo.Quali soluzioni?

Quando la paura diventa una compagna di viaggio
TERRORISMO QUALI SOLUZIONI?


Una lunga scia di sangue ha attraversato un Luglio che passerà alla storia come il cuore di una estate segnata dal terrore, dai morti, dalla paura. Prima Dacca, con nove nostri connazionali trucidati al termine di un giorno di lavoro, mentre si godevano a migliaia di chilometri da casa, un momento di relax. Poi Nizza, con un pazzo terrorista che forza il blocco della polizia e si butta a folle velocità tra la folla che si gustava serena e tranquilla lo spettacolo dei fuochi artificiali al termine dei festeggiamenti del 14 Luglio, Festa della presa della Bastiglia. 84 morti. Di ogni nazionalità, religione, età e fascia sociale. Infine Istambul e Ankara, due città ai confini della nostra Europa, dove il fallito colpo di stato ha lasciato lo strascico di centinaia di morti, tra golpisti e lealisti. In mezzo i “soliti” attentati in Iraq e in Africa, relegati ormai ad un sottotitolo durante i Tg o a un trafiletto in sesta pagina. Su tutto, un alone di paura che stringe il cuore a chi vede i propri figli uscire di casa la mattina per andare all’Università o i propri cari recarsi al lavoro o a farsi una passeggiata serale per sfuggire alla morsa del caldo estivo. Non si cade sui campi di battaglia o a difesa di obiettivi strategici. Si muore a teatro, nei bistrot di una Parigi da sempre multietnica e simbolo di accoglienza e di integrazione, si muore nel ristorante di un paese dove vai per lavorare, per te e la tua famiglia, si muore mentre passeggi sul lungomare in Costa Azzurra e guardi il cielo illuminato. Torna la strategia della tensione, stavolta su scala internazionale. I terroristi dell’Isis colpiscono senza una logica apparente. L’obiettivo è minare la serenità e la fiducia nelle istituzioni in un continente, l’Europa, dove, occorre ribadirlo, trovano ancora cittadinanza valori come libertà, fraternità, uguaglianza. Un continente dove le radici giudaico cristiane sono comunque alla base di una visione globale di rispetto dell’altro. Gli integralisti islamici vanno in paradiso se si fanno esplodere in un centro commerciale o al check in di un aeroporto. Gli integralisti cristiani si chiamano Teresa di Calcutta o Martin Luther King o Francesco d’Assisi. E sono andati in Paradiso perché hanno dato la loro vita per la pace, per i poveri, per l’integrazione tra bianchi e neri. E’ una guerra, una guerra di culture, una guerra tra due modi di intendere l’esistenza. E come rispondere alla domanda che tutti noi ci facciamo, su come far smettere questa inutile e assurda mattanza? Sicuramente la soluzione non può essere militare, o almeno non solo. Anche a parte dell’occidente l’Isis fa comodo. Veicola denaro, acquista e fa acquistare armi e munizioni, vende petrolio sottocosto, alimenta la rabbia e la falsa solidarietà verso il popolo palestinese, gioca sulle insoddisfazioni degli immigrati nelle periferie delle metropoli europee, incrementa il redditizio traffico di esseri umani dall’Africa al Vecchio Continente. Insomma, è molto spesso l’ipocrisia dei ricchi ad alimentare la disperazione dei poveri. Anche ad una parte dell’Occidente, Stati Uniti compresi, non dispiace un mondo che ha bisogno di schierarsi per godere del diritto alla pace e allo sviluppo. La soluzione è complessa, articolata, coraggiosa. “La bellezza salverà il mondo” scriveva Fëdor Michajlovič Dostoevskij nell’”Idiota”. Occorre quindi, per salvare il mondo, cercare la bellezza in antitesi alla estrema bruttezza della morte. Occorre cercarla nel quotidiano, riscoprirla nella natura, costruirla nei rapporti con l’altro, conquistarla nell’estrema difesa della vita. Salvaguardare il diritto allo studio, alla casa, al posto di lavoro, creando opportunità per tutti e non pretendere un peloso assistenzialismo. Lavorare sulla dignità della persona, avere il coraggio di rompere la logica di violenza che chiama violenza. Difendersi è un diritto, ma non può essere la soluzione. Sconvolge vedere che in molte occasioni i terroristi sono europei da due generazioni, con un lavoro, una famiglia, dei figli. Sconvolge scoprire, come a Dacca, che gli assassini sono studenti universitari di buona famiglia. Ci dà un senso di insicurezza ancora più profondo constatare che il mostro è il vicino di casa con il quale scambiamo battute sul tempo o sul campionato di calcio o il compagno di studi di nostro figlio. Ma, tutto questo chiama ancora di più ciascuno di noi ad essere protagonista nella costruzione di un mondo nuovo, dove la costante ricerca della bellezza rappresenti l’antidoto contro il male. Lo dobbiamo a noi stessi, alla nostra storia, ai nostri figli. 

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