Quando la paura diventa una compagna di viaggio
TERRORISMO QUALI SOLUZIONI?
Una lunga
scia di sangue ha attraversato un Luglio che passerà alla storia come il cuore
di una estate segnata dal terrore, dai morti, dalla paura. Prima Dacca, con
nove nostri connazionali trucidati al termine di un giorno di lavoro, mentre si
godevano a migliaia di chilometri da casa, un momento di relax. Poi Nizza, con
un pazzo terrorista che forza il blocco della polizia e si butta a folle
velocità tra la folla che si gustava serena e tranquilla lo spettacolo dei
fuochi artificiali al termine dei festeggiamenti del 14 Luglio, Festa della
presa della Bastiglia. 84 morti. Di ogni nazionalità, religione, età e fascia
sociale. Infine Istambul e Ankara, due città ai confini della nostra Europa,
dove il fallito colpo di stato ha lasciato lo strascico di centinaia di morti,
tra golpisti e lealisti. In mezzo i “soliti” attentati in Iraq e in Africa,
relegati ormai ad un sottotitolo durante i Tg o a un trafiletto in sesta
pagina. Su tutto, un alone di paura che stringe il cuore a chi vede i propri
figli uscire di casa la mattina per andare all’Università o i propri cari
recarsi al lavoro o a farsi una passeggiata serale per sfuggire alla morsa del
caldo estivo. Non si cade sui campi di battaglia o a difesa di obiettivi
strategici. Si muore a teatro, nei bistrot di una Parigi da sempre multietnica
e simbolo di accoglienza e di integrazione, si muore nel ristorante di un paese
dove vai per lavorare, per te e la tua famiglia, si muore mentre passeggi sul
lungomare in Costa Azzurra e guardi il cielo illuminato. Torna la strategia
della tensione, stavolta su scala internazionale. I terroristi dell’Isis
colpiscono senza una logica apparente. L’obiettivo è minare la serenità e la
fiducia nelle istituzioni in un continente, l’Europa, dove, occorre ribadirlo,
trovano ancora cittadinanza valori come libertà, fraternità, uguaglianza. Un
continente dove le radici giudaico cristiane sono comunque alla base di una
visione globale di rispetto dell’altro. Gli integralisti islamici vanno in
paradiso se si fanno esplodere in un centro commerciale o al check in di un
aeroporto. Gli integralisti cristiani si chiamano Teresa di Calcutta o Martin
Luther King o Francesco d’Assisi. E sono andati in Paradiso perché hanno dato
la loro vita per la pace, per i poveri, per l’integrazione tra bianchi e neri.
E’ una guerra, una guerra di culture, una guerra tra due modi di intendere
l’esistenza. E come rispondere alla domanda che tutti noi ci facciamo, su come
far smettere questa inutile e assurda mattanza? Sicuramente la soluzione non
può essere militare, o almeno non solo. Anche a parte dell’occidente l’Isis fa
comodo. Veicola denaro, acquista e fa acquistare armi e munizioni, vende
petrolio sottocosto, alimenta la rabbia e la falsa solidarietà verso il popolo
palestinese, gioca sulle insoddisfazioni degli immigrati nelle periferie delle
metropoli europee, incrementa il redditizio traffico di esseri umani
dall’Africa al Vecchio Continente. Insomma, è molto spesso l’ipocrisia dei
ricchi ad alimentare la disperazione dei poveri. Anche ad una parte
dell’Occidente, Stati Uniti compresi, non dispiace un mondo che ha bisogno di
schierarsi per godere del diritto alla pace e allo sviluppo. La soluzione è
complessa, articolata, coraggiosa. “La bellezza salverà il mondo” scriveva
Fëdor Michajlovič Dostoevskij nell’”Idiota”. Occorre quindi, per salvare il
mondo, cercare la bellezza in antitesi alla estrema bruttezza della morte.
Occorre cercarla nel quotidiano, riscoprirla nella natura, costruirla nei
rapporti con l’altro, conquistarla nell’estrema difesa della vita. Salvaguardare
il diritto allo studio, alla casa, al posto di lavoro, creando opportunità per
tutti e non pretendere un peloso assistenzialismo. Lavorare sulla dignità della
persona, avere il coraggio di rompere la logica di violenza che chiama
violenza. Difendersi è un diritto, ma non può essere la soluzione. Sconvolge
vedere che in molte occasioni i terroristi sono europei da due generazioni, con
un lavoro, una famiglia, dei figli. Sconvolge scoprire, come a Dacca, che gli
assassini sono studenti universitari di buona famiglia. Ci dà un senso di insicurezza
ancora più profondo constatare che il mostro è il vicino di casa con il quale
scambiamo battute sul tempo o sul campionato di calcio o il compagno di studi di
nostro figlio. Ma, tutto questo chiama ancora di più ciascuno di noi ad essere
protagonista nella costruzione di un mondo nuovo, dove la costante ricerca
della bellezza rappresenti l’antidoto contro il male. Lo dobbiamo a noi stessi,
alla nostra storia, ai nostri figli.
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