
martedì 28 dicembre 2010
8 GENNAIO: CONVEGNO FONDAZIONE CASTELLI

mercoledì 22 dicembre 2010
Buon Natale

Buon Natale.
Buon Natale ai miei figli,
ai quali auguro di guardare sempre alla Vita con allegria e con la consapevolezza che è una esperienza meravigliosa, un dono unico e irripetibile, che vale la pena di essere vissuto con intensità fino in fondo, conservando sempre la gratitudine di esserci.
Buon Natale ai miei genitori,
ai quali auguro di continuare a vivere a lungo, con la saggezza portata dagli anni e con la serenità di chi, attraverso la Fede, non smette mai di stupirsi e di stupire, con i piedi piantati nella terra e con lo sguardo rivolto verso il Cielo.
Buon Natale ai miei amici,
compagni di battaglie, di esperienze, fratelli con cui condividere le vittorie e le sconfitte della vita. A loro l’augurio, dal profondo del cuore, di continuare a vivere l’amicizia come una occasione per continuare a spezzare insieme il pane della quotidianità, vivendo sempre l’altro come un dono.
Buon Natale ai miei nemici,
o comunque a quelli che non condividono le mie scelte e le mie posizioni e mi considerano un ostacolo o un problema. Un augurio di pace e serenità e la speranza che tutti scoprano le ricchezze che albergano anche in chi ci sembra lontano e diverso e si riesca sempre a superare ciò che ci divide, nella speranza di scoprire ciò che ci unisce.
Buon Natale al Buon Dio,
che con la scusa che è Lui, nessuno gli fa mai gli Auguri. Gli auguro di poterci sempre perdonare nei casini che combiniamo, di comprenderci nei momenti di scoramento e delusione, di aiutarci nei problemi e di continuare ad aspettarci quando torneremo a casa,finalmente coscienti che solo in Lui ci sono tutte quelle cose che ci affanniamo inutilmente a cercare da ogni parte per essere felici.
Buon Natale alla mia Patria,
alla bella Italia, baciata dal sole e dal mare, riempita dalla bellezza dell’Arte e arricchita da poeti, da santi, da navigatori. Che possa ritrovare la pace sociale e possa tornare ad essere un luogo dove ciascuno trovi il suo rifugio anche se povero, straniero, malato e dove alberghi la garanzia di quelle opportunità che danno ai giovani la speranza nel futuro e agli anziani la serenità della vecchiaia.
Buon Natale allo Sport,
che amo tantissimo, perché continui ad essere occasione di unità e di integrazione e impari a scrivere la parola “avversari” al posto di “nemici” e possa tornare ad essere un diritto di tutti, giovani e anziani, e non uno svago per i ricchi.
Buon Natale,
perché per cercare di essere migliori, non bisogna aspettare che arrivi il Natale, ma visto che, comunque è arrivato, diamoci da fare per esserlo.
giovedì 16 dicembre 2010
IO CONTINUO A TIFARE PER LA VITA!

Un gravissimo attacco alla vita umana e alla libertà della persona è quello che il governo filippino sta portando avanti con l’adozione di una normativa che prevede il numero massimo di due figli per coppia, pena, per i non adempienti, sanzioni economiche o addirittura il carcere ( fonte l”Avvenire” del 16.12.2010 pag.20 ).
Si sta riproponendo la politica demografica che la Repubblica Popolare Cinese sta applicando da anni, con la conseguenza che, soprattutto nei sobborghi rurali, quando il nascituro è femmina e non può essere “utile” al lavoro dei campi, si adottano pratiche abortive estreme, se non la soppressione della neonata o, nella migliore della ipotesi, la “non segnalazione agli uffici demografici”, con la generazione di individui privati della personalità giuridica e, conseguentemente uno squilibrio demografico significativo che, a breve, farà sentire tutto il suo peso.
Andare in carcere per la Vita! Un paradosso giuridico e morale che coinvolgerà inevitabilmente tutti coloro che per difendere le proprie idee o, soprattutto, la vita dei figli che stanno venendo al mondo, saranno sottoposti a vessazioni e alla privazione della libertà personale. Dopo Africa e Medio Oriente, anche l’Asia sta tornando terra di persecuzione per i cristiani che, sempre più stanno tornando nelle condizioni di difendere la propria fede a costo della vita. La storia si ripete. Ma non è un problema di Religione, o almeno non solo. Le nazioni occidentali debbono far sentire la loro voce, forte e chiara, a difesa di valori universali, primo fra tutti la difesa della vita e secondo, la libertà di ciascuno alla autodeterminazione e alla possibilità di compiere scelte di vita consone ai propri convincimenti morali ed etici.
Purtroppo, l’Europa e gli Stati Uniti sono sempre più sensibili alle problematiche economiche che alla difesa dei diritti umani e lo strapotere finanziario della Cina ha fatto ben presto dimenticare le centinaia di studenti massacrati a Tien An Men, la negazione sistematica del dissenso e poche voci autorevoli si sono levate a manifestare indignazione quando al Premio Nobel per la pace, conferito ad uno dei principali dissidenti cinesi, ovviamente in carcere, è stato impedito di partecipare alla cerimonia di premiazione e, addirittura di farsi rappresentare da un famigliare o un amico.
Sono cose che ci fanno riflettere e ci ricordano che stiamo vivendo in un paese dove la libertà di ciascuno di noi non è mai messa in discussione e dove il dissenso rappresenta una opportunità di confronto e non un crimine sociale da reprimere, finanche con il sangue. Quello che ci manca non è la Libertà, ma la maturità di saperla apprezzare e gestire. Il tutto supportato da una classe dirigente che sicuramente rappresenta la peggiore espressione dal fascismo ad oggi. La recrudescenza della violenza da parte degli studenti è, nei fatti, la frustrazione di vedersi rubato il proprio futuro da una generazione di adulti che fa della raccomandazione e della prostituzione politica il modello culturale dominante, sia a destra che a sinistra. E che non si prende neanche la responsabilità di impegnarsi a garantire il lavoro ( e non il posto ) in modo stabile e soddisfacente.
E’ una generazione di adulti che sa vivere solo di ricatti e di apparenza, mortificando aspirazioni legittime e costruendo un modello sociale virtuale dove i poveri, i deboli e i malati sono considerati prodotti di scarto e dove l’apparenza ha definitivamente preso il posto della sostanza.
E allora, uomini e donne liberi e forti sono chiamati a difendere, privatamente e pubblicamente, i valori inalienabili della vita, dal suo concepimento alla sua fine naturale, rispondendone con il proprio comportamento, le proprie risorse materiali e intellettuali e manifestando il proprio dissenso verso quelle situazioni, e torniamo alle Filippine, dove la persona e la sua libertà sono immolate sull’altare di una economia malata e lontana dall’uomo.
domenica 12 dicembre 2010
martedì 7 dicembre 2010
AUSCHWITZ: UN GRIDO DI DOLORE PER NON DIMENTICARE
Auschwitz si può testimoniare solo con le sensazioni che ti lascia, Quell’odore pungente del forno che neanche settanta anni di storia sono riusciti a cancellare, quelle migliaia di foto che ti guardano, chiedendo di non dimenticare, quelle cataste di scarpe, di occhiali di valigie …
Ad Auschwitz si è consumata una delle più grandi tragedie dell’umanità: l’assassinio sistematico e scientificamente programmato e realizzato di milioni di esseri umani inermi, colpevoli solo di essere uomini.
La violenza che strappa non solo la vita, ma la dignità, il pudore, il nome, l’identità stessa della persona. La violenza fatta sistema che confonde vittime e carnefici facendo, in modo diverso, ma per qualche aspetto anche simile, scomparire la bellezza dell’uomo e affiorare l’artiglio della bestia.
Ad Auschwitz muore l’arte, muore l’amore, muore la fantasia, vittime della routine diabolica dell’orrore, inconcepibile per una mente umana, ma ugualmente realizzato con una lucidità agghiacciante.
I viali ordinati, con gli edifici squadrati e perfettamente allineati, portano le orme indelebili degli zoccoli di uomini non più uomini, schiacciati e violentati da altri uomini non più uomini.
L’Uomo ad Auschwitz è morto.
Non so se mi ha colpito di più l’immane sofferenza inflitta a degli innocenti o la trasformazione degli aguzzini in mostri senza cuore e senza anima. Non so chi dei due abbia realmente perso la propria dignità.
Ma Auschwitz non può essere un racconto, ma solo una testimonianza.
Che ho visto stampata negli sguardi dei nostri ragazzi, quando cercavano nei miei occhi risposte che non potevo dare. Sembravano urlarmi “dimmi che non è vero, che non è possibile, dimmi che è solo una macabra messa in scena”.
Ma stavolta l’adulto non può dare risposte, perché risposte non ne ha.
L’ho vista nelle guance rigate di lacrime di una bambina di dieci anni che mi chiedeva come può l’uomo arrivare a tanto.
L’ho vista nella indignazione, nel dolore, nel tono della voce, nel rispetto dei luoghi, nella passione che la sera hanno messo nel recitare i testi di Weiss, nello scoprire che lì, in quelle celle, in quelle baracche, attraverso quel camino maledetto sono passati Massimiliano Kolbe, Edith Stein, Primo Levi e tanti altri, ignoti nel nome …
Ma ho visto anche la Speranza.
Quella Speranza che questa generazione porta in se. Questi ragazzi capaci di commuoversi e di commuovere, capaci di trovare dentro di loro la forza di respingere la barbarie e riaffermare l’amore per la vita.
Questi ragazzi che vogliono abbracciarsi, vogliono sentire il proprio calore, testimoniarsi il loro affetto, la loro voglia di vivere e di costruire da protagonisti un mondo migliore da quello che gli abbiamo consegnato.
Porteranno il grido di dolore che hanno raccolto a migliaia di kilometri dalle loro case a chi lo vorrà raccogliere.
Lo porteranno attraverso il teatro, la scuola, l’ufficio, la vita di tutti i giorni. Lo trasmetteranno ai loro genitori, ai loro fratelli, alle donne e agli uomini che amano o che ameranno.
Ma insieme al dolore porteranno anche la Speranza e cresceranno con la consapevolezza che la libertà, il rispetto per la vita, la dignità della persona non sono valori acquisiti una volta per tutte, ma vanno continuamente difesi, costruiti, migliorati.
Ma possono farcela, finchè la fiamma che in questi giorni ho visto ardere nei loro occhi, rimanga accesa, alimentata dalla consapevolezza che l’edificio della storia, ha bisogno operatori di Pace, di uomini e donne di buona volontà che considerino l’altro mai come un ostacolo, ma sempre come una opportunità ed una ricchezza.
mercoledì 17 novembre 2010
LA MIA COPPA DEL MONDO
Stringere tra le mani la Coppa che Cannavaro & C. hanno alzato al cielo è stata per me una gioia e una soddisfazione indescrivibile. E’ stato il coronamento di un sogno, di una idea vincente, di una concezione di sport che deve per forza fare breccia in una società, in un mondo che ha dimenticato i valori che lo hanno visto nascere.
Poter parlare di fronte ai vertici del calcio nazionale e raccontare l’avventura dell’Atletico Pavona è stata una delle più grandi emozioni della mia esperienza sportiva. Ho parlato dei volontari, della cooperazione con la scuola, dell’adozione della squadra di calcio di El Salvador, degli 8 euro al mese, di come è nato un sogno e di come si è trasformato in realtà.
Ho parlato dell’amicizia con la Fondazione Giorgio Castelli , della loro “sponsorizzazione” e del loro sostegno per uno sport sicuro.
Ho parlato di come siamo riusciti a coinvolgere la Scuola, l’Albafor e, adesso, anche docenti e dirigenti scolastici provenienti dalla Romania in cerca di idee e progetti da realizzare a sostegno dei loro giovani meno fortunati.
Ho parlato molto, cercando di dire tutto, con a fianco l’amico di sempre, Michele, che, con la sua straordinaria competenza sportiva e la sua saggezza ( che si affina con gli anni ) mi ha insegnato a vedere lo sport da altri punti di vista e mi ha fatto pensare e ragionare su tanti aspetti che non avevo mai preso in considerazione.
Ad ascoltarmi c’erano Giancarlo Abete Presidente della Federcalcio, Antonello Valentini, Direttore Generale, Gianni Rivera che ha confermato che oltre ad essere stato uno dei più grandi calciatori del mondo è rimasto un uomo di eccezionale caratura umana nella sua nuova carica di Presidente del Settore Giovanile scolastico, Barbara Benedetti, Segretario del SGS, con la sua grinta da “picconatrice” del calcio business e Giancarlo De Sisti con la sua umanità e la sua voglia di trasmettere i valori dello sport e della vita attraverso il football.
C’era anche mio figlio Simone, negli occhi del quale vedo brillare lo stesso fuoco che avevo io nei miei venti anni e che i venti di tempesta, che nel corso della vita non mancano mai, avevano in tante occasioni spento o soffocato e che solo l’amore per lui e i suoi fratelli hanno riacceso, restituendo forza e speranza alla mia esistenza negli ultimi tempi.
Non so se tutti mi hanno capito o se mi hanno solo ascoltato. Non so se tra qualche giorno, o qualche ora si ricorderanno ancora di un grasso “prof” con tante idee e tanti amici in campo per realizzarle.
So solo che, almeno per una volta, anche il “nostro” calcio, il nostro modo di intendere lo sport, ha avuto lo spazio per farsi sentire.
E’ sicuramente un buon inizio …
giovedì 11 novembre 2010
mercoledì 10 novembre 2010
INSIEME A ENZO, RITA E ALESSIO PER L' ONP AWARD DI PUBBLICITA' E PROGRESSO
Grandissima soddisfazione dello Staff della Fondazione Giorgio Castelli Onlus per l’ambito riconoscimento di “Pubblicità Progresso” allo spot sulla Cultura dell’Emergenza diffuso sulle reti Mediaset che ha visto la partecipazione del Capitano dell’AS Roma, Francesco Totti e della splendida Anna Falchi.
Dopo lo straordinario successo del voto popolare da internet che ha consegnato allo spot il secondo posto a livello nazionale, la giuria del pubblico ha confermato la piazza d’onore alla Fondazione, alle spalle degli amici del Coordinamento Nazionale delle Associazioni che sostengono le persone con la Sindrome di Down. Sul palco dell’Aula Magna dell’Università IULM di Milano, tra ospiti di levatura internazionale e personaggi del calibro di Giampaolo Rossi ( Presidente Rainet ) o del pluricampione del Mondo di Volley Andrea Zorzi, sono stati visionati i cinque spot scelti dal popolo del web, tra le decine in concorso che era possibile visionare sul sito di Pubblicità Progresso.
Per la Fondazione “Giorgio Castelli” Onlus erano presenti Vincenzo e Rita Castelli, accompagnati dal figlio Alessio e da un nutrito gruppo di amici e collaboratori che con entusiasmo e partecipazione hanno accolto l’ottima performance ottenuta in terra lombarda.
“Un risultato – ha commentato Marco Giustinelli, Responsabile della Comunicazione delle Rappresentative di calcio a cinque del Comitato Regionale Lazio, presente all’evento – che fa onore alla Fondazione, ma anche all’intero movimento calcistico laziale che ha fatto da “incubatrice” sin dal primo istante alle attività della Fondazione Giorgio Castelli Onlus. La mia presenza vuole rappresentare la vicinanza dello Staff delle Rappresentative di Calcio a cinque ad attività ed eventi legati allo sport, e al futsal in particolare, che valorizzano la centralità dell’atleta in linea con il Progetto portato avanti da Luciano Zaccardi e fortemente sponsorizzato da Presidente Zarelli.
La sicurezza a livello sanitario, con la presenza sul terreno di giuoco di personale addestrato in grado di intervenire immediatamente nella fase di rianimazione e di saper usare un Defibrillatore – prosegue Giustinelli – è il primo essenziale passo di un cammino che vuole mettere la tutela del calciatore e della sua salute al primo posto. I dati in possesso del Comitato ci ribadiscono che l’arresto cardiaco improvviso è, purtroppo, una realtà drammaticamente presente anche tra i fruitori del futsal come momento di svago e di convivialità che va oltre l’aspetto agonistico vero e proprio. La presenza del Prof. Castelli all’interno del Comitato Regionale in veste di Fiduciario medico e l’attività di formazione che la Fondazione sta portando avanti in collaborazione con le Società del Lazio, stanno a dimostrare che per il calcio regionale la sicurezza dell’atleta rappresenta una vera e propria priorità. Nella passata edizione del torneo delle Regioni, le nostre rappresentative in Umbria, avevano, nella dotazione di base, anche l’apparecchio defibrillatore e nello staff persone formate al suo utilizzo. Alla Fondazione vanno quindi le congratulazioni del Commissario Tecnico Luciano Zaccardi, che ho il piacere di rappresentare ufficialmente e quelle di tutto lo Staff della Rappresentativa di Futsal”
mercoledì 27 ottobre 2010
ENZO CASTELLI PORTA LA CULTURA DELL'EMERGENZA IN SENATO
lunedì 4 ottobre 2010
CHE FESTA, RAGAZZI!
Stupenda manifestazione al Tennis Club di Via dei Piani di Monte Savello, dove, in una giornata all’insegna dell’accoglienza e della integrazione, l’asd Atletico Pavona ha inaugurato l’ottava stagione sportiva della sua storia.
“Abbiamo raccolto l’invito della UEFA e del Settore Giovanile e Scolastico della FIGC – ha dichiarato il Presidente Paolo Renzi – e abbiamo inaugurato una stagione che ci vedrà protagonisti nella lotta al razzismo nello sport e nella società. L’iniziativa “Abbiamo adottato una squadra di calcio” vuole essere un momento di coinvolgimento dei nostri cento giovani atleti che devono ricevere forte e chiaro il messaggio che vogliamo cittadini di un mondo senza barriere culturali, etniche, razziali e dove lo sport gioca un ruolo da protagonista nei processi di integrazione.”
Prestigioso, come da tradizione, il parterre, con ospiti di assoluto rilievo. Particolarmente gradita la presenza del Dr.Josè Roberto Andino Salazar, Ambasciatore in Italia della Repubblica di El Salvador e plenipotenziario alla FAO e alle Nazioni Unite, che ha accompagnato la squadra “adottata” dall’Atletico Pavona di giovani salvadoregni che vivono e fanno attività sportiva nel nostro Paese. Nel suo intervento, l’Ambasciatore ha ribadito i sentimenti di amicizia e di rispetto che esistono tra i due paesi e si è augurato che questa iniziativa rappresenti solo l’inizio di una collaborazione che, attraverso lo sport, rafforzi ancora di più i legami tra due paesi lontani nelle distanze, ma vicini per affinità culturali e storiche.
Ha portato i saluti dell’Amministrazione comunale di Albano, l’Assessore alle Politiche educative Mario Rapisardi che, in un apprezzatissimo intervento, ha sottolineato l’importanza dello sport negli aspetti educativi e ha rivolto all’Atletico Pavona il suo apprezzamento per l’opera di carattere sociale che svolge a favore dei ragazzi che vivono sul territorio di Pavona.
Ha portato il suo saluto anche Massimo Ferrarini, Consigliere Comunale e amico “della prima ora” del club pavonense. “Un amico – ha sottolineato il Direttore Sportivo Marco Giustinelli – che ha creduto nel nostro progetto sin dall’inizio e al quale riconosciamo il pregio di aver dato il suo contributo personale e istituzionale, al di la dell’appartenenza politica e degli schieramenti politici”.
Tra gli ospiti anche i vicepresidenti della Commissione Cultura e Sport della Regione Lazio, gli On.Mario Brozzi, indimenticato Medico della AS Roma di Franco Sensi, applauditissimo dai numerosi sostenitori di fede giallorossa e Enzo Foschi, tradizionalmente vicino a tutte le iniziative che legano sport e sociale.
Le autorità sono state accolte, a nome dello Sport Albanense da Luciano Di Nicola, Presidente della Polisportiva Comunale Generale della Città di Albano, che ha consegnato la maglia ufficiale della manifestazione, donata dal Settore Giovanile e Scolastico della Federazione Italiana Giuoco Calcio, dove campeggiava la famosa frase di Albert Einstein: A quale razza appartieni? A quella umana.” “Lo sport di Albano non poteva non essere presente a questa manifestazione che è indubbiamente tra le più significative tra quelle organizzate dalle società appartenenti alla Polisportiva Generale. E’ il segnale che al di la dell’importanza dei risultati dal punto di vista agonistico, lo spirito dello sport albanense è permeato di quei valori di accoglienza e di integrazione che ne fanno uno straordinario strumento di coesione sociale”.
Qualcuno faceva notare l’assenza del Sindaco Nicola Marini, che pure aveva annunciato la sua presenza all’evento.
“Avere qui il Primo Cittadino sarebbe stata cosa oltremodo gradita – sottolinea Marco Giustinelli, conduttore della manifestazione – anche perché, dopo essere stato presente ad analoghe iniziative di società che operano ad Albano, rendersi conto che anche a Pavona esistono realtà importanti che danno lustro alla nostra comunità cittadina, avrebbe sicuramente contribuito a testimoniare una attenzione della Amministrazione Comunale verso coloro che lavorano con la gente e per la gente. Ma il bell’intervento dell’Assessore Rapisardi ci ha fatto comunque sentire la vicinanza di tutta l’Amministrazione. Sarà per la prossima volta, ne siamo più che sicuri”.
Al termine del momento istituzionale, dove Giustinelli ha ribadito lo spirito di una Associazione nata per trasmettere attraverso lo Sport quei valori indispensabili alla fondazione di una società basata sull’accoglienza e sul rispetto della centralità del giovane atleta, si sono affrontate sul terreno di gioco due rappresentative nazionali di Italia e El Salvador che hanno dato vita ad una avvincente partita vinta di misura dal team azzurro.
Presenti alla festa oltre trecento partecipanti, in maggior parte famigliari ed amici degli oltre cento ragazzi che praticano il calcio a cinque con la casacca biancoazzurra.
Apprezzatissima la dimostrazione di primo soccorso che la Fondazione “Giorgio Castelli Onlus” ha realizzato nell’intervallo tra i due tempi, svolta dal presidente Paolo Renzi, anche lui soccorritore laico certificato BLS-D e commentata dal Dr. Vincenzo Castelli, fondatore e presidente della Fondazione.
La giornata è proseguita sotto gli alberi del Tennis Club con il pranzo sociale e con momenti di convivialità e sport dedicati ai più piccoli.
giovedì 30 settembre 2010
SPORT e SOLIDARIETA'

Parte la stagione agonistica della Scuola Calcio “Giorgio Castelli” con la tradizionale Festa di Presentazione che quest’anno vedrà protagonista l’accoglienza e
“Abbiamo in questi anni vissuto della generosità degli amici che abbiamo incontrato lungo la nostra strada – dichiara Marco Giustinelli, DS della Società Pavonense – e, adesso, che ce ne capita l’opportunità, non possiamo certo tirarci indietro. Il Progetto di “adottare una squadra di calcio”, affonda le sue radici in quella che è la missione della nostra associazione: creare un ambiente sano e sicuro dove i ragazzi e le loro famiglie possano vivere i valori della solidarietà, dell’accoglienza, dell’amicizia e dell’integrazione. L’idea nasce da una intuizione del nostro allenatore Henry Sejias, che ha lanciato l’idea di fornire ad un gruppo di giovani sportivi, proveniente dalla Repubblica di El Salvador, divise da gioco e materiale tecnico per affrontare il campionato per rappresentative nazionali di migranti residenti nelle nostre città. Lo Sport oggi ha un profondo senso educativo. E il messaggio che dobbiamo trasmettere ai nostri giovani calciatori è che un mondo solidale è un mondo più bello, più divertente e dove si gioca meglio anche al calcio.”
La manifestazione, che vedrà la presenza dell’Ambasciatore in Italia del Salvador. Dr. Josè Roberto Andino Salazar, del Sindaco di Albano Nicola Marini, di Enzo e Rita Castelli, degli On. Foschi e Brozzi, Vicepresidenti della Commissione Cultura e Sport della Regione Lazio, si svolgerà presso l’impianto del Tennis Club Pavona, che ospita il campo da gioco dell’Atletico Pavona.
Verranno presentati i ragazzi delle sei formazioni che parteciperanno ai Campionati 2010/2011, in una festa di sport, di amicizia e di partecipazione che vedrà il suo culmine nella partita di calcio tra le “vecchie glorie” dell’Atletico e una selezione dei ragazzi salvadoregni sponsorizzati dall’associazione.
Un momento importante sarà rappresentato dalla dimostrazione di un intervento di pronto intervento effettuato dagli operatori laici formati dalla Fondazione “Giorgio Castelli” e commentato in diretta dal Presidente, Prof. Enzo Castelli.
La giornata proseguirà con il consueto pranzo sociale e con la visione delle partite del Campionato di calcio di serie A.
martedì 21 settembre 2010
venerdì 30 luglio 2010
BRAIN STORMING

Fare cultura. Un imperativo per una generazione che non si vuole perdere tra i flutti del velinismo o del superenalottismo a tutti i costi. In un momento di estrema confusione sociale, dove la finanza ha preso il posto dell’economia e non è più chiara neanche la differenza semantica tra i verbi “essere” e “avere”, è necessario, anzi, indispensabile, che tutti, ma soprattutto i giovani, riprendano in mano quello straordinario strumento che è la conoscenza.
La conoscenza è l’unico elemento che ci permette di tutelare e far crescere quel bene fondante che è la Libertà.
Oggi la conoscenza viene relegata in secondo piano e la cultura, che è l’insieme del bagaglio delle conoscenze, ne soffre in modo determinante. Il livello di quelle che debbono essere le fonti della conoscenza è sempre più basso, con il rischio di ritrovarci in un medioevo culturale dove la globalizzazione non è altro che il livellamento in basso dei saperi, dei prodotti, del pensiero.
Nel nome della globalizzazione si cerca di far passare un concetto di Libertà che non è altro che una estremizzazione del relativismo etico e culturale. Non è libertà togliere il presepe dalle scuole durante il Natale per una forma di rispetto dell’identità religiosa di qualcuno. Libertà è scelta, è opportunità. Togliere un simbolo religioso non arricchisce nessuno e impoverisce tutti.
Il rispetto è un'altra cosa. Il rispetto è disponibilità all’ascolto dell’altro, è dialettica, è considerare l’idea dell’altro come degna di essere dibattuta, analizzata e, infine, anche combattuta con decisione e fermezza. Togliere, eliminare, selezionare, sono verbi che non appartengono alla visione della vita come luogo della Libertà.
Il pensiero dominante è basato sulla assolutizzazione del ruolo del denaro e della finanza. E per far passare questo concetto alla maggioranza degli individui, sono necessari due elementi fondamentali: la mistificazione e le menzogna sistematica.
Perché si spaccia regolarmente una cosa per un'altra. Ad esempio, si cerca di far passare alla gente comune il concetto che i prodotti cinesi costano “poco” perché la manodopera in quei paesi è più a buon mercato.
Non c’è menzogna più grande e più palese di questa!
Nella produzione di una autovettura o di un televisore o di un computer, l’incidenza dell’intervento umano non è superiore al 6/10%. Quindi, in linea puramente teorica, un televisore fabbricato a Pechino, anziché a Milano dovrebbe costare al massimo il 10% in meno. Se a questo risparmio, togliamo le spese di trasporto, il margine si assottiglia ancora di più e, quindi, in linea puramente teorica un prodotto che viene dall’oriente dovrebbe costare più o meno come quello fabbricato dalle parti nostre. E allora, dove sta il trucco?
Purtroppo è semplice individuarlo: il trucco sta in due paroline semplici semplici. Sicurezza e Qualità.
Se io produco in uno stato dove posso prendere un bambino di cinque anni, chiuderlo in un buco di due metri quadrati per dodici ore al giorno, facendogli respirare veleni senza protezione alcuna e scaricando nell’ambiente gas tossici senza controllo e immettendo sul mercato prodotti che ti fanno venire l’orticaria o il cancro, sto forse risparmiando?
Nei fatti sto diluendo il costo e sto facendolo pagare a qualcun altro in un altro momento.
L’avvelenamento dell’ambiente non riguarda solo il luogo geografico dove avviene. Ricordiamo Chernobyl, dove un incidente nucleare a migliaia di chilometri, ha decretato il cancro alla tiroide a bambini che, ignari, bevevano il latte delle mucche della Valtellina o a casalinghe che mangiavano l’insalata della pianura pontina.
Questo ha comportato miliardi di euro di spese in sanità , controlli, cure mediche, prevenzione. E non abbiamo preso in considerazione l’aspetto umano: lutti, preoccupazioni, dolore, sofferenze indicibili che potevano essere evitate o, quantomeno, attenuate.
Eppure la Bielorussia o l’Ucraina sembravano così lontano e così innocue.
Per la Cina o l’India il discorso è esattamente lo stesso. Il costo dell’inquinamento irreversibile del Fiume Giallo o l’aria irrespirabile delle metropoli ( ricordate i problemi per le Olimpiadi di Pechino, dove fu necessario chiudere per settimane le fabbriche, per garantire agli atleti un aria quantomeno respirabile ) è un conto che verrà presentato, prima o poi, a tutto il resto dell’umanità. Quello che oggi ci sembra un risparmio, tra non molto ci piomberà tra capo e collo con interessi da usuraio.
Una maglia prodotta in Cina non costa meno. Una parte del prezzo la paghiamo immediatamente in denaro alla cassa, una parte, ben più importante, ce la pagano i poveri disgraziati costretti a lavorare in condizioni disumane, una parte la paghiamo in costi sociali per i posti di lavoro che questa filosofia ci fa perdere a casa nostra e una parte è rappresentata da una cambiale che madre natura ci metterà all’incasso entro qualche decina di anni.
Ma l’egoismo – e l’ignoranza – ci portano a considerare solo la prima parte, quella che, fisicamente, esce dalle nostre tasche.
Ma su questo, non ci fa ragionare nessuno e molti di noinon hanno nenche i mezzi culturali elementari per farlo da soli.
Di questo non si parla, perché un meccanismo così terribilmente perverso è fonte di arricchimento smodato per pochi, di briciole avvelenate per molti e di dolore e povertà per moltissimi.
Ma i moltissimi, autentiche vittime della globalizzazione, non hanno parola, non hanno televisione per diffondere il loro disagio ne’ giornali per esprimere le loro opinioni.
E, ancora di più, non hanno cultura per appropriarsi di quei mezzi e di quegli strumenti indispensabili per costruire un mondo migliore e un domani pieno di speranza per i propri figli.
E la forza di ogni dittatura è il numero di ignoranti e di allineati.
Non a caso il carri armati hanno schiacciato gli studenti a Tienamen. La cultura fa paura, perché nella conoscenza è racchiuso il seme della Libertà e nella Libertà le radici del cambiamento e della liberazione della persona.
Il comunismo ha rappresentato per anni il miraggio di una società migliore, basata sulla equa distribuzione della ricchezza. E il suo fallimento è stato la dimostrazione che dove l’uomo è relegato ad un ruolo succube del sistema, tutto crolla. Il disastro del socialismo reale è la dimostrazione palese che l’economia non può e non deve essere la soluzione.
E non a caso, le prigioni del KGB per decenni hanno ospitato centinaia di intellettuali che, con la forza della conoscenza, rischiavano di mettere in crisi il regime sovietico.
E la lunga teoria di miseria, di povertà e di disperazione che il comunismo ha lasciato nell’ Europa dell’est, nel continente africano e in Asia sono il frutto di una ideologia basata sulla subordinazione dell’individuo e sulla soppressione della libertà individuale. Il “paradiso dei lavoratori” si è trasformato nell’”inferno della persona.
E il capitalismo moderno, basato sulla gestione sfrenata dei flussi finanziari, sulla esaltazione della ricchezza e sullo sfruttamento della persona è l’altra faccia della stessa terribile medaglia.
La crisi economica che ci attanaglia in questi mesi ha radici lontane, oltre l’Oceano Atlantico, lontane come Chernobyl o come il Fiume Giallo o il Muro di Berlino.
Ma per capire queste cose, bisogna conoscere. E la conoscenza ci da la libertà di scegliere il nostro futuro.
E un futuro degno di essere vissuto non può prescindere dal riappropriarsi di valori che questa società ha pensato di aver sepolto e dimenticato.
Dobbiamo riscoprire parole come solidarietà, come condivisione, come comunità, come sacrificio e come amore.
E’ necessario liberarsi dell’esaltazione dell’individualismo propria dei sistemi a capitalismo esasperato e da quella del sistema come panacea di tutti i mali, propugnata dal socialismo reale.
Occorre riscoprire i valori cristiani che hanno rappresentato le radici del nostro pensiero e della nostra cultura. Valori dove le difficoltà del singolo rappresentano un problema della comunità e nella comunità trovano risposte concrete. Risposte fatte di condivisione, di accoglienza, di solidarietà.
Solo se si considera l’altro importante e degno di attenzione e di rispetto possiamo creare una società dove i nostri figli possano guardare fiduciosi verso l’avvenire.
In questa ottica, la Politica diventa servizio e autentica ricerca del bene comune e non interesse privato e gestione egoistica della ricchezza.
La religione riacquista il senso della serenità dello spirito e della aspirazione alla ricerca del bene, dove l’accoglienza e la accettazione di chi sbaglia superano l’emarginazione e dove tutti possano vedere che l’amore non è una utopia filosofica ma uno stato di vita.
E dove Dio non è la somma di precetti e di condanne ma l’esaltazione del perdono e della misericordia.
E tutto ha una sola, indiscutibile verità. La conoscenza è la fonte della libertà.
La cultura ellenistica e cristiana hanno sempre indicato nella Libertà l’origine della dignità umana. Prometeo dona le proprie sofferenze all’umanità, perché possa godere del fuoco, sino ad allora appannaggio degli dei.
Cristo dona la sua vita all’uomo perché possa aprirsi ad un futuro di Libertà, vissuta senza il timore della morte.
Due esempi paradossalmente opposti, ma uniti da un comune denominatore: il bene di tutti nasce dalla donazione di ciascuno.
E non come vogliono farci credere che il bene di ciascuno nasce dall’egoismo e dalla prevaricazione.
Riflettiamo …
sabato 24 luglio 2010
Cardinal Vallini: io la penso come te!

La mia approvazione ( per quello che vale ) e la mia solidarietà vanno al Cardinal Vallini per la presa di posizione chiara e determinata sulla questione dei preti gay nella Diocesi di Roma.
La voce del Vicario del Papa torna su di un argomento che ha trovato eco nel servizio del settimanale Panorama che svela la doppia vita di sacerdoti cattolici che, come una sorta di Dr. Jekill e Mr Hyde, durante il giorno professano la fede e l’adesione ai principi professati dalla Chiesa Cattolica e, calate le tenebre abbandonano la talare per soddisfare istinti e debolezze di natura sessuale.
Pur se è vero che ciascuno di noi convive con le proprie debolezze e i propri problemi e talvolta cede ad azioni e pensieri che vanno contro i principi ai quali dichiara di aderire, è pur vero che i momenti di cedimento rappresentano un tributo alla natura umana e la dimostrazione che, lontano dall’aiuto di Dio, l’uomo è preda dei suoi più bassi istinti.
Ma tutto questo, per chi si professa cristiano, deve rappresentare l’eterna battaglia tra il bene e il male, il peccato e la grazia e non può e non deve essere considerato come uno stile di vita e come una resa ineluttabile a quello che da molti, invece, è considerato come un segnale di progresso e di apertura mentale.
Diverso è lo scoprirsi omosessuale e provare quindi una pulsione verso il medesimo sesso, diverso è il professarsi gay, cioè dare sfogo alla propria omosessualità nell’ambito di un rapporto occasionale o continuativo.
La sessualità è necessariamente ordinata alla procreazione, come la natura ha stabilito da sempre per garantire la sopravvivenza della specie e, proprio per questo esiste l’attrazione di un essere verso un altro individuo della stessa specie, ma di sesso opposto.
Per questo, l’omosessualità è da considerarsi come uno stato o una tendenza “non naturale” e anche nella accezione positiva più estrema, essa presenta una fondamentale incompletezza, relegando il rapporto ad un incontro tra due persone, anche pregnato affettivamente, ma privo di quegli elementi di progettualità e di apertura alla vita che solo un rapporto eterosessuale garantisce.
Il Cristianesimo è una concezione della vita aperta all’eterno e tutto quello che appare come una limitazione ( castità, continenza, fedeltà ) è da considerare come una parentesi temporanea in quella frazione dell’esistenza che è la vita.
In questa ottica ha senso la vocazione cristiana prima e quella presbiterale poi, che vuole essere la dimostrazione che tutto questo è realmente realizzabile, all’interno di una esperienza di vita vissuta all’insegna della serenità e avulsa da ogni tipologia di frustrazione.
Al contrario, la concezione materialista dominante si basa sull’assioma del “carpe diem”, dove la vita è un insieme di occasioni che vanno colte immediatamente, in considerazione del fatto che l’esistenza è limitata e che ogni occasione che si tralascia è irrimediabilmente persa. E, in relazione a ciò, la fuga dalla sofferenza e dalle limitazioni che la rappresentano è l’approccio prioritario da adottare.
La sessualità si scinde, quindi, dalla procreazione, rimanendo legata alla fisicità e all’affettività. In questa ottica, l’obiettivo non è più fissato oltre l’orizzonte dell’esistenza, ma è incentrato sul presente e sull’immanente.
Si giustifica così l’omosessualità, la provvisorietà delle relazioni affettive, le politiche di controllo delle nascite, la legalizzazione delle pratiche abortive.
Queste due concezioni sono assolutamente inconciliabili e sono altrettanto assolutamente alternative.
Chi sceglie liberamente un percorso di vita da prete, fa una scelta ben precisa. Legata all’impegno sociale, alla carità, all’apertura al prossimo, alla lotta all’ingiustizia e per la pace, ma legata anche ad una visione della sessualità ben precisa e delineata.
E le persone pretendono che i cristiani in generale e i presbiteri in particolare, siano testimoni credibili di quello che professano.
E questo deve essere vissuto come una scelta, anzi, come la migliore delle scelte possibili, dove uno stile di vita basato sulla castità e sulla temperanza non viene visto come una castrazione, ma come l’esaltazione di quella libertà che porta alla felicità.
Chi ha scelto di essere prete, dicevano, non può prescindere da tale impostazione e non può cercare di conciliare l’inconciliabile rimanendo nell’ambiguità.
E allora fa il suo dovere Agostino Vallini, cardinale di Santa Romana Chiesa, quando condanna senza appello non chi sbaglia per debolezza, ma chi cerca di giustificare stili di vita che non appartengono alla realtà che dice di rappresentare.
In questo millennio, nato all’insegna delle molte verità e del relativismo più spinto, rimane un unico punto di riferimento, al quale tutti ci dobbiamo piegare: la morte.
Occorre scegliere su considerarla come il termine di una esistenza da consumare sino all’ultima briciola, vista la brevità e le difficoltà che la attraversano, o come una porta spalancata sull’eternità. Da questa scelta derivano tutte le altre.
E chi indossa un determinato abito o professa una determinata fede, la scelta deve averla già fatta.
E deve, necessariamente, essere chiara.
lunedì 12 luglio 2010
Il Mondiale del Calcio ... finito a calcioni! Festival del cartellino in Sudafrica

Per la prima volta una formazione europea conquista la Coppa del Mondo in un mondiale disputato fuori dal continente. Solo il Brasile stellare di Pelè, Didì e Vavà era riuscito a fare bottino pieno in Europa nel Mondiale di Svezia, altrimenti la regola era in Europa vince una europea e fuori una sudamericana ( Brasile o Argentina ). E alla vigilia la finale che i bookmakers davano per più accreditata era proprio quella tra i ragazzi di Dunga e quelli di Maradona.
Invece, come pronosticato dal polpo Paul, è stata la Spagna di Iniesta ad alzare al cielo sudafricano il trofeo più prestigioso. Un Mondiale con tante vincitrici: la Spagna, appunto, la Germania dei giovani e degli immigrati di lusso, il Sudafrica che, contro ogni previsione, è riuscita ad organizzare e gestire un mondiale vivace, accogliente, sicuro e … rumoroso, che non ha avuto nulla da invidiare alle edizioni disputate in paesi considerati, a torto o a ragione, più “sviluppati”.
Ma anche con tanti sconfitti: l’Italietta di Marcello Lippi che non poteva onorare peggio (o disonorare meglio ) il titolo conquistato a Berlino nel 2006, la corazzata Argentina, miseramente affondata dai siluri del panzer germanico, il Brasile di Dunga che ha voluto snaturare il suo gioco per vincere e invece è stato eliminato dall’Olanda cattiva e tutta cuore e polmoni del duo Schneider-Robben.
Nella finale ha perso persino il fair play. Abbiamo assistito ad un brutto incontro di lotta libera per almeno i tre quarti dell’incontro che, se non fosse stata la finale della Coppa del Mondo, sarebbe prematuramente finita … per mancanza di interpreti. Raramente abbiamo visto tanto furore agonistico. L’Olanda, eterna seconda ( tre finale disputate e altrettante sconfitte: Germania 74, Argentina 78 e Sudafrica 2010 ) aveva pensato che per battere le furie rosse fosse necessario “abbatterle” fisicamente. Capita l’antifona, la Spagna ha pensato bene di rispondere per le rime, facendo vedere, complessivamente tanti calci e poco calcio e un turbinio di cartellini gialli ( e un rosso ) da guinnes dei primati.
E così, alle vincitrici Uruguay, Brasile, Italia, Francia, Inghilterra, Argentina, Germania, si aggiunge l’ottava sorella. E all’Olanda, visto l’esaurirsi funesto del proverbio “ … non c’è due senza tre”, occorre aspettare altri quattro anni per tentare di rifarsi, anche se nel 2014 in Brasile, la vedo veramente dura.
L’Italia si rifonda, dunque, con Cesarone Prandelli che ha già dichiarato, con il beneplacito di Abete ( che come dice il suo cognome, ha mantenuto le radici ben piantate in Federcalcio, nonostante la figura barbina che abbiamo rimediato ) che utilizzerà a spada tratta “epurati” e oriundi ( come fece “Mondino” Fabbri nel 1962 in Cile ). Intanto la Federcalcio trova la soluzione da tutti i mali nel limitare, a mercato avviato e affari conclusi, il numero di extracomunitari tesserabili ex novo, portandolo da due a uno, con disperazione e travasi di bile da parte di presidenti e tifosi.
E avendo risolto tutti i mali del calcio nostrano con la tessera del tifoso e un solo nuovo extracomunitario per squadra, possiamo puntare con speranza alla “ auspicabile” qualificazione per la prossima edizione del Mundial brasileiro, anche se, guardando bene, sarà ben difficile trovare tra le europee che cercheranno di sbarrarci la strada, formazioni più scarse di Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia.
Qualcuno dovrebbe suggerire ad Abete che nella Spagna Campione del Mondo il “blocco” era quello del Barcellona, ai vertici della Liga e della Champions League, mentre nell’Italietta eliminata in Sudafrica, il “blocco” era quello dell’Udinese, dignitosa formazione di provincia che da sempre lotta per non retrocedere in Serie B.
Meditate, gente, meditate …
domenica 4 luglio 2010
TUTTI A CASA!

Doppia lezione all’Italia che vuole sembrare rigorosa e organizzata, quando chi paga sono i cittadini, ma che in realtà è scialacquona e dissennata nella gestione quotidiana.
Doppia lezione, dicevo, perché dai primi Mondiali in terra d’Africa, emerge la Germania dei giovani, delle politiche serie di ricostruzione di un movimento calcistico rifondato dopo Berlino 2006.
I tedeschi, famosi per vincere le battaglie, ma per perdere regolarmente le guerre, stavolta invece la loro guerra l’hanno vinta, anzi, stravinta. Il 4 a 0 che ha mandato a casa l’Argentina ( dopo il 4 a 1 che ha fatto subire la stessa sorte ai blasonatissimi inglesi di Superfabio ) è la dimostrazione che il calcio può ancora essere una cosa bella e entusiasmante. Scesi in campo con i favori del pronostico i biancocelesti di Diego Armando Maradona, zeppi di superstar ( Messi, Tavarez, Mascherano, Burdisso … ) si sono trovati davanti un manipolo di giovanotti scatenati che non hanno alzato la testa dal primo all’ultimo minuto, macinando chilometri, saltando sempre più in alto degli avversari, mettendoci sempre testa , cuore … e piede.
L’Italia invece se ne è andata così mestamente che più mestamente non si può. Ultima nel girone più facile, con soli due puntarelli, rubacchiati a Paraguay e Nuova Zelanda e addirittura messi sotto da una modesta Slovacchia.
Abbiamo raccolto quello che il movimento calcistico italiano sta seminando. Ci siamo indignati per le scelte di Marcello Lippi, ma poi, guardandoci indietro ci siamo accorti di non avere più centrocampisti italiani da convocare e quindi, nel “luogo dove nasce il gioco” ( per dirla con Gianni Rivera ) avevamo solo vecchietti scassati ( Totti, Pirlo, Perrotta, Gattuso, Camoranesi ) o pochissimi ragazzotti di belle speranze ma di ben poco spessore. Se poi ci mettiamo che gli unici due talenti, Balotelli e Cassano li abbiamo lasciati a casa “per difficoltà di gestione”, la frittata è bella che fatta.
Tutti ormai cercano il talento straniero da portare in casa, come se dalle parti nostre il buon Dio si fosse dimenticato, dopo millenni, di far nascere pargoli con i piedi buoni e la testa a posto.
E a furia di saccheggiare le riserve auree dei poveri ( Africa e America latina in pole position ) ci troviamo di fronte a Nazionali africane e sudamericane con giocatori che giocano dappertutto meno che in Africa e la Nazionale Italiana che non ha più giocatori italiani di livello.
Come sempre, chiudiamo la stalla dopo che i buoi se ne sono da tempo andati via. La norma che prevede la riduzione immediata del numero di extra comunitari da tesserare arriva tardi e intempestiva, a dimostrazione di una politica generale del calcio fallimentare a tutti i livelli.
Occorre ricominciare, puntando sui giovani, sulle piccole squadre attive sul territorio, sui dilettanti veri, sulle parrocchie. Occorre ripartire da zero. Non è più il tempo di mettere toppe. La nave sta affondando, anzi, è bella che affondata.
Se il nostro fosse un paese serio, il presidente federale rassegnerebbe le proprie dimissioni e con lui tutto lo staff dirigenziale della FIGC.
Ma il nostro è tutto purchè un paese serio e tutti rimarranno al loro posto, a cercare, come sempre scuse e giustificazioni al dilettantismo imperante nello sport più professionistico che c’è al mondo.
E stavolta ci vorrebbe tutta la Via Lattea, perché, al punto dove siamo arrivati, neanche lo Stellone basta più…
giovedì 24 giugno 2010
"Grazie a Luciano per la fiducia che continua a dimostrarmi"

Marco Giustinelli è il nuovo Vice Presidente della Polisportiva Comunale Generale Città di Albano. La candidatura avanzata dal Presidente Luciano Di Nicola durante l’Assemblea delle Società affiliate alla Polisportiva, ha trovato l’approvazione dei presenti che, all’unanimità hanno indicato “il professore” come vicario di Di Nicola.
“In attesa della revisione dello Statuto della Polisportiva e alla luce della nuova veste che l’attuale Amministrazione vuole conferire alla Polisportiva, propongo Marco Giustinelli come Vice Presidente – ha detto Di Nicola durante i lavori del 18 Giugno – che in questi ultimi due anni ha lavorato al mio fianco con la serietà, la competenza e la passione che tutti gli riconosciamo”. Nessuna obiezione da parte dell’Assemblea che, per alzata di mano, ha approvato la proposta del Presidente.
Giustinelli, 48 anni, un passato nello Sport attivo, dove è stato arbitro di calcio agli inizi degli anni ’80 e con diverse esperienze nel calcio e nel nuoto, attualmente è Direttore Sportivo dell’Asd Atletico Pavona, che ha contribuito a fondare nel 2002 e Dirigente Accompagnatore della Rappresentativa Regionale di calcio a Cinque della federazione Italiana Giuoco Calcio. Collabora come Project Manager con la Fondazione “Giorgio Castelli” Onlus, con la quale ha contribuito alla diffusione dell’utilizzo dei defibrillatori all’interno degli impianti sportivi.
E’ inoltre delegato dell’Albafor Spa, dove ricopre la’incarico di Direttore della Valutazione, per le attività sportive, dove organizza dal 2005 la manifestazione Albafor Cup che ve coinvolge oltre cinquecento allievi dell’Ente formativo del Comune di Albano laziale, appartenenti alle sette Sedi operative ubicate sul territorio della Provincia di Roma.
“Sono felice della dimostrazione di fiducia da parte di Luciano ( Di Nicola ndr ), che conferma l’ottimo rapporto che abbiamo instaurato in due anni di collaborazione. E’ anche la precisa indicazione di puntare su chi, come me, vive lo sport come un mezzo di crescita e di attenzione alle nuove generazioni – afferma Giustinelli nella prima dichiarazione rilasciata a pochi minuti dalla nomina – al di la di ogni retorica. E’ semplice affermare che si tolgono i ragazzi dalla strada, ma alle affermazioni vanno seguiti i fatti. Lo Sport non deve rappresentare un prodotto di elite, ma un diritto di tutti. E ho piacere di constatare che questa è anche l’indicazione della nuova Amministrazione di Palazzo Savelli e con Di Nicola continueremo a lavorare in questa Direzione, affidandoci alla collaborazione con chi, come la Fondazione Giorgio castelli, ci è stata sempre vicino per far essere lo Sport sempre più sicuro e vicino alle esigenze dei nostri giovani.”
lunedì 21 giugno 2010
E' ANCORA FESTA PER L'ATLETICO PAVONA
Tavolo delle Autorità al gran completo alla manifestazione di chiusura della Stagione Agonistica dell’Atletico Pavona, presso l’impianto Sportivo del Tennis Club di Via dei Piani di Monte Savello.
In un salone delle feste, gremito in ogni ordine di posti, oltre duecento persone, tra atleti e ospiti, hanno fatto da cornice alla relazione di fine anno che, come consuetudine, il Direttore Sportivo dell’Associazione, Prof. Marco Giustinelli, illustra ad associati e autorità cittadine.
“Un altro anno ricco di soddisfazioni e di gratificazioni per la nostra Associazione – ha esordito Giustinelli – Una Associazione coraggiosa che vuole far vivere lo Sport ai propri ragazzi come il mezzo, bello e coinvolgente, per affrontare da protagonisti il futuro.
Siamo stati i primi ad aver avuto il coraggio di affidare ad un tecnico diversamente abile la panchina della nostra squadra Juniores, ed oggi Michele Fierravanti è il Commissario tecnico della Selezione Regionale della Federazione Italiana Giuoco calcio, che ha guidato nel Torneo delle Regioni a Marzo in Umbria. Siamo, e vogliamo essere, tra quelli che considerano lo sport come un diritto e non come un prodotto di elite. Per questo abbiamo avuto il coraggio, da sette anni a questa parte, di fissare una quota per i nostri ragazzi di soli otto euro al mese, in modo da garantire a tutti di vivere lo sport in serenità e senza pesare sul bilancio familiare, soprattutto in questi momenti di diffusa difficoltà economica per tutti.
E questo è stato possibile, in tutti questi anni, grazie all’impegno di tanti volontari che offrono il loro tempo e la loro disponibilità in modo assolutamente gratuito.
E’ questo il coraggio di chi crede in un progetto serio e ambizioso, - ha concluso il Dirigente dell’Atletico Pavona - dove ciascuno può sperimentare che anche in una società egoista come quella nella quale viviamo oggi, c’è ancora chi da’ senza chiedere. E’ un modo semplice e attuale di scrivere la parola “Amore”.
Presenti, per l’Amministrazione Comunale della Città di Albano l’Assessore allo Sport Vincenzo Santoro, i Consiglieri Valerio Cecconi e Roberto Di Tuccio che, in veste di Delegato per Pavona, ha fatto gli onori di casa ai numerosi ospiti presenti all’evento.
“E’ con vivo piacere – ha esordito Di Tuccio – che presenzio a questa bellissima iniziativa. La nuova Amministrazione vuole manifestare un assoluto interesse verso lo Sport dilettantistico come fattore di prevenzione e di crescita sociale dei nostri ragazzi. E noi ce la metteremo tutta per dimostrare che queste non sono soltanto parole, ma che seguiranno fatti concreti a dimostrazione del nostro impegno e della nostra serietà istituzionale”.
Nel corso della mattinata è stato assegnato, per l’ottavo anno consecutivo il Premio “Lo Sportivo dell’Anno”, che viene conferito a personalità del mondo dello Sport, della Cultura e dell’impegno sociale che si sono distinte per una particolare attenzione verso il mondo dello sport giovanile e dilettantistico.
L’edizione 2010 ha visto premiare, per la prima volta ex aequo i consiglieri regionali Enzo Foschi, primo firmatario nella passata legislatura della Legge Regionale sulla sicurezza nello sport, del Partito Democratico e Mario Brozzi, neo eletto nelle file del centrodestra, da sempre attivo nella prevenzione e medico sociale dell’AS Roma, sotto la presidenza del compianto Franco Sensi.
“Abbiamo intrapreso una strada – ha sottolineato Brozzi al ricevimento del Premio – che deve vedere la convergenza di tutti coloro che hanno a cuore la sorte dei nostri piccoli atleti. Controlli accurati nella primissima fase dell’attività sportiva, garantiscono una qualità della vita più alta per tutto il resto dell’esistenza. Quando abbiamo iniziato questo percorso, molti ci davano per pazzi. Oggi l’Uefa ci ha riconosciuto il ruolo di autentici apripista di una cultura della salute e della sicurezza che, con immenso piacere, vedo condivisa e applicata dagli amici dell’Atletico Pavona.”
Anche Enzo Foschi ha voluto sottolineare l’impegno e la grande opera di sensibilizzazione che l’Atletico Pavona sta portando avanti sul territorio, ponendosi come punto di riferimento di un modo di concepire lo Sport come elemento di promozione di uno stile di vita sano, che pone al centro del progetto la persona dell’atleta in tutte le sue sfaccettature.
“Lo scorso anno – ha voluto sottolineare Foschi – c’era un solo Consigliere Regionale a questa festa. Oggi con l’amico Mario Brozzi siamo già raddoppiati e vedo che anche l’Amministrazione di Albano è presente in modo significativo e attento con la presenza dell’Assessore allo Sport e di due Consiglieri Comunali. E’ un segno di chiara attenzione delle istituzioni verso una Associazione che ha deciso di fare del sociale attraverso lo sport, in modo entusiasmante e coinvolgente”.
Anche Luciano Di Nicola, Presidente della Polisportiva Comunale e Consigliere Regionale della FIPAV è voluto essere presente all’incontro, portando il saluto dello Sport albanense.
Madrina della manifestazione, la Dr.ssa Rita Rigoli in Castelli, co-fondatrice della Fondazione “Giorgio castelli Onlus” che ha ribadito la vicinanza della Fondazione all’Atletico Pavona, che dallo scorso anno ha voluto intitolare la Scuola Calcio alla memoria del figlio, Giorgio Castelli, il giovane calciatore tragicamente scomparso qualche anno fa durante un allenamento della squadra di Tor sapienza, nella quale militava.
La mattinata si è conclusa con il saluto finale del Dottor Vincenzo Castelli, presidente della Fondazione e Fiduciario Medico della Federazione Italiana Giuoco Calcio, che ha ribadito la volontà di proseguire insieme all’Atletico Pavona, sulla strada di uno sport sempre più sicuro.
La prima parte della giornata ha visto il suo apice negli esami della Scuola di calcio a Cinque e nella disputa di un accesissimo Derby dell’Amicizia tra due squadre di Pulcini che, per l’occasione, hanno vestito la maglia dei loro beniamini di Roma e Lazio.
Dopo il pranzo sociale, tutti gli associati si sono radunati davanti al maxi schermo allestito dal Presidente dell’Atletico Pavona, Paolo Renzi, per assistere all’incontro di calcio del Campionato del Mondo tra Italia e Nuova Zelanda.
giovedì 13 maggio 2010
venerdì 23 aprile 2010
Quando la risposta all'odio è l'Amore
E' curioso vedere come di fronte alla paura della morte si risvegli in noi, prepotente, una forma di difesa che vede nel giustizialismo una sorta di scudo ai nostri timori e alle nostre insicurezze. Vivere la morte come il compimento del nostro passaggio ( ahimè breve ) attraverso questa esistenza è dono di pochi. E viverla in serenità è riscoprire quel cordone ombelicale che lega la creatura al Creatore.
E per passare dalla teoria alla vita, occorre che questa esperienza atterri nel quotidiano, si faccia concretamente ospitare dalla Storia.
La fine degli anni '90 ha caratterizzato, nel nordafrica, una recrudescenza della violenza e del terrorismo di matrice islamica, che ha mietuto vittime soprattutto tra gli stranieri di religione cristiana. Navigando in internet, ho trovato questa splendida pagina, scritta da un monaco cattolico, un frate trappista, che "sentiva" l'approssimarsi della persecuzione e forse della morte, così come è avvenuto due anni dopo questo scritto.
In un epoca di attacchi alla Chiesa Cattolica come quella che stiamo vivendo in questi giorni, dove è troppo facile gettare fango su molti a causa di pochi, queste righe ci ricordano che di fronte alle miserie che vengono denunciate con fragore, esiste una santità silenziosa, fatta di testimonianza e di amore.
Un Amore così grande che permette di offrire la propria vita rispondendo con amore a chi è portatore di odio.
Prendiamo queste parole come un dono.
Testamento spirituale di frère Christian, priore dell’Abbazia di Tibhirine, ucciso con 6 fratelli monaci trappisti, da fanatici religiosi in Algeria, il 21 maggio 1996
Quando si profila un AD-DIO
Se mi capitasse un giorno - e potrebbe essere oggi - di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era "donata" a Dio e a questo paese.
Che essi accettassero che l’unico Signore di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale. Che pregassero per me: come essere trovato degno di una tale offerta?
Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato. La mia vita non ha valore più di un’altra. Non ne ha neanche meno. In ogni caso non ha l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca.
Venuto il momento vorrei poter avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito. Non potrei augurarmi una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che io amo venisse indistintamente accusato del mio assassinio. Sarebbe pagare a un prezzo troppo alto ciò che verrebbe chiamata, forse, la "grazia del martirio", doverla a un Algerino, chiunque sia, soprattutto se egli dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’Islam. So di quale disprezzo hanno potuto essere circondati gli Algerini, globalmente presi, e conosco anche quali caricature dell’Islam incoraggia un certo islamismo. E’ troppo facile mettersi la coscienza a posto identificando questa via religiosa con gli integrismi dei suoi estremismi.
L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa, sono un corpo e un anima.
L’ho proclamato abbastanza, mi sembra, in base a quanto ho visto e appreso per esperienza,
ritrovando così spesso quel filo conduttore del Vangelo appreso sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa proprio in Algeria, e già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.
La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista: "Dica adesso, quello che ne pensa!".
Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante.
Ecco potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo,
frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione, giocando con le differenze.
Di questa vita perduta, totalmente mia e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per questa gioia, attraverso e nonostante tutto.
In questo "grazie" in cui tutto è detto, ormai della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, insieme a mio padre e a mia madre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e a loro, centuplo regalato come promesso!
E anche te, amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi.
Sì, anche per te voglio questo "grazie", e questo "ad-Dio" nel cui volto ti contemplo.
E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati,
in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due.
Amen! Inch’Allah.
Algeri, 1 dicembre 1993
Tibhrine, 1 gennaio 1994